Chirurgia laparoscopica

Chirurgia Laparoscopica

Consiste nell’inserimento di un videoscopio con una telecamera incorporata nella cavità addominale e di altri strumenti di piccole dimensioni attraverso piccoli fori nella parete addominale. Il chirurgo operatore ed i suoi assistenti procedono all’intervento visualizzando il cavo addominale in uno o più monitor posizionati nella sala operatoria.

Per effettuare un intervento in laparoscopia è necessario creare uno spazio intraddominale in cui poter muovere gli strumenti. Questo è il motivo per cui la cavità addominale va riempita con anidride carbonica (pneumoperitoneo) attraverso un insufflatore di gas . L’anestesia è pertanto generale anche se alcune scuole anestesiologiche stanno utilizzando anestesie locoregionali (spinali) con ottimi risultati.

La laparoscopia, inizialmente utilizzata per soli scopi diagnostici soprattutto dai ginecologi, si è rapidamente diffusa in chirurgia generale dalla fine degli anni ’80 dopo la prima colecistectomia laparoscopica effettuata da un chirurgo francese (Mouret,1987). La colecistectomia laparoscopica è presto diventata l’intervento di elezione per calcolosi della cistifellea e progressivamente tutti gli interventi di chirurgia generale, compresa la chirurgia per tumori, sono stati affrontati e quindi standardizzati con questa tecnica.

Lo sforzo dell’industria ha permesso di utilizzare strumentazioni sempre più tecnologicamente avanzate e sicure, compreso anche un miglioramento importante sulla qualità delle immagini restituite dalle telecamere sul monitor.

I vantaggi sono legati alla più rapida ripresa postoperatoria del paziente per la assenza di grosse cicatrici addominali, il minor tasso di complicanze cardiorespiratorie che soprattutto in pazienti anziani possono verificarsi più facilmente in degenze prolungate e con grosse ferite, il minor dolore e anche il miglior risultato estetico.

Si tratta quindi di una chirurgia meno aggressiva, “più dolce”, che assicura però gli stessi risultati della chirurgia tradizionale open (“a cielo aperto), anche negli interventi per tumore. Il chirurgo deve aver avuto la sua curva di apprendimento e possedere gli “skills” necessari per effettuarla.

Il paziente deve essere al orrente che non sempre è possibile un intervento in laparoscopia. Banalmente, può essere più semplice e rapido se effettuato a cielo aperto (open). Oppure le caratteristiche del paziente lo sconsigliano (es.pregressi importanti interventi chirurgici che generano molte aderenze, la sede di tumori troppo profondi, patologie importanti cardiovascolari che controindicano lo pneumoperitoneo).

Inoltre è importante sapere che esiste la possibilità soprattutto per interventi più complessi, di passare dall’intervento laparoscopico a quello aperto (conversione) se subentrano difficoltà che rendono l’intervento meno sicuro (sanguinamenti difficili da controllare, troppe aderenze, problemi tecnici, visione non ottimale, instabilità del paziente etc..).

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